Rapporto Coop 2015: Continua a curarsi chi se lo può permettere

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Con una speranza di vita tra le più alte (79,6 anni per gli uomini, 84,4 per le donne) ed un tasso di mortalità infantile tra i più bassi (0,3%), il nostro Paese si conferma ai vertici delle classifiche Ue. È quanto evidenzia il Rapporto Coop 2015.

Il Rapporto Coop 2015 “Consumi e distribuzione”, curato da Albino Russo, responsabile dell’Ufficio Studi Ancc-Coop, mette in risalto come i tagli alla sanità pubblica rischino di escludere dai servizi le fasce meno abbienti della popolazione. “L’aumento dell’età media della popolazione” si legge nel Rapporto “comporta anche una crescita della quota di persone che necessitano di accesso a servizi e prodotti sanitari. D’altra parte, il sistema sanitario nazionale è sotto pressione, dati i tetti alla spesa sanitaria e l’esigenza di razionalizzare le risorse disponibili. Se a questo si aggiunge che i bilanci familiari nel corso degli ultimi anni hanno sofferto le conseguenze della crisi, si comprende la difficoltà a conciliare le necessità di assistenza con i vincoli di bilancio. Tanto più che in diversi casi l’assistenza, soprattutto quella a domicilio per le persone non autosufficienti, richiede un forte impegno economico da parte delle famiglie. Oltre all’assistenza, una voce che impegna i bilanci delle famiglie è quella delle spese per gli acquisti di servizi e prodotti sanitari. Si tratta di una quota contenuta della spesa sanitaria complessiva, visto che in Italia questo tipo di beni e servizi sono offerti gratuitamente ai cittadini dal servizio sanitario nazionale, e rientrano quindi nella voce dei consumi pubblici. In ogni caso la quota che resta a carico delle famiglie è comunque di qualche rilievo, giungendo a sfiorare i 30 miliardi di euro”. “Negli ultimi anni” spiega ancora il rapporto “al trend decrescente della spesa pubblica si è affiancato una tendenza analoga anche per la spesa privata. Tale tipo di comportamento naturalmente desta qualche preoccupazione, in quanto evidenzia come le famiglie nella riduzione dei livelli di consumo abbiano dovuto anche ridimensionare gli acquisti di medicinali e di servizi di tipo ambulatoriale, come le visite mediche effettuate privatamente. Il 2014 ha comunque visto una interruzione della fase di contrazione di questo tipo di spesa. Uno dei problemi dell’aumento del peso della spesa sanitaria finanziato dalle famiglie è che questa è una voce che si distribuisce in maniera ineguale, riflettendo la diversa disponibilità di risorse per i cittadini. La discriminazione nell’accesso ai servizi sanitari può divenire un problema nei casi in cui le carenze nell’offerta pubblica si traducono di fatto in un mancato accesso al servizio per una quota della popolazione. Al proposito, è interessante notare come i consumi privati per servizi sanitari siano molto più bassi nelle regioni meridionali rispetto alle regioni del Nord. Considerando che la qualità dei servizi offerti dal pubblico è inferiore nelle regioni meridionali, si coglie come di fatto l’accesso alla sanità lungo il territorio nazionale sia molto differenziato. In prospettiva è probabile che i limiti alla crescita della spesa pubblica e l’aumento della domanda di prestazioni sanitarie porti ad aumentare la quota dei servizi acquistati dalle famiglie. È possibile che l’aumento dell’incidenza di questa voce nella struttura dei consumi induca le famiglie a ridimensionare altre voci di spesa. L’accordo siglato tra Governo e Regioni sancisce la conferma dei risparmi di spesa che la Legge di Stabilità aveva imposto al comparto sanitario, pari complessivamente a 2,3 miliardi per il biennio 2015-2016, e definisce le modalità principali attraverso cui le regioni intendono realizzare questi risparmi. Le misure più importanti previste nell’accordo riprendono le indicazioni del gruppo di lavoro sulla spending review, e agiscono in modo particolare su quattro fronti: la spesa per acquisto di beni, servizi e dispositivi medici, l’appropriatezza delle prestazioni sanitarie erogate ai cittadini, la riorganizzazione della rete ospedaliera e la spesa farmaceutica. L’accordo prevede di ridurre le prestazioni inappropriate nell’ambito della specialistica ambulatoriale, rivedendo al ribasso i tetti di spesa annui imposti alle strutture private accreditate, tali da conseguire un risparmio del costo della spesa ambulatoriale. Questa misura comporterà necessariamente una riduzione dei servizi offerti ai cittadini, che dovranno scegliere se rinunciare alla prestazione oppure ricorrere al settore privato. Per queste ragioni, le critiche ai tagli alla spesa sanitaria hanno sottolineato soprattutto la questione della regressività delle misure”.

LA SALUTE È UNA DELLE COSE CHE GLI EUROPEI CI INVIDIANO
Secondo gli ultimi dati disponibili, solo il 14,7% degli italiani è affetto da patologie croniche di una certa gravità (il 20% tra le persone più anziane con almeno 65 anni). La quota più ampia di decessi è provocata dalle malattie circolatorie e dai tumori, che causano nel loro complesso circa i due terzi dei decessi, seguite da quelle respiratorie. Sono circa 1.000 i nuovi casi di cancro ogni giorno, 200.000 (55%) fra gli uomini e circa 166.000 (45%) fra le donne. La ricerca scientifica ed il miglioramento delle tecniche di trattamento stanno contribuendo a innalzare le possibilità di guarigione: oggi il 55% degli uomini ed il 63% delle donne che subiscono questa patologia è ancora in vita a cinque anni di distanza dalla diagnosi. Secondo le stime, quasi il 70% dei tumori potrebbe essere curato qualora tutti adottassero stili di vita corretti, a partire dall’alimentazione e dalla regolare attività fisica, e si sottoponessero a controlli periodici di prevenzione.

1.000 CASI DI TUMORE AL GIORNO, MA LA RICERCA SCIENTIFICA ED IL MIGLIORAMENTO DELLE TECNICHE AUMENTANO LE PROBABILITÀ DI GUARIGIONE
La diffusione di stili di vita più sostenibili ed una maggiore attenzione al cibo salutare hanno, per la prima volta da diversi anni, favorito una inversione di tendenza nella sedentarietà degli italiani e l’aumento delle persone che praticano una regolare attività fisica. Resta pur tuttavia molta strada da fare considerato che il 30% degli adulti non pratica alcun tipo di attività fisica, percentuale che cresce all’aumentare dell’età ed è maggiore tra le donne e nelle Regioni del Mezzogiorno.
Più di un bambino su cinque con età fino a 10 anni è in sovrappeso, mente uno su dieci è affetto da obesità (in questa particolare graduatoria siamo tra i meno virtuosi d’Europa): una sfida non di poco conto anche per la sostenibilità della sanità pubblica. (Fonte: Panorama della Sanità)