Smi-Lazio: Asl RmF e modalità di trasformazione delle Unità di Cure Primarie

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Si è svolto lo scorso 11 giugno, presso la Asl RMF, la riunione del Comitato Aziendale per discutere la modalità di attuazione dell’art. 4, punti a) e b), dell’Accordo regionale recepito con DCA n. U00376/2014. Presente, per lo Smi Lazio, il referente aziendale dell’area convenzionata Ermanno De Fazi.

Indubbiamente, con poche divergenze d’opinione tra i vari rappresentanti sindacali e i dirigenti aziendali, sono emerse alcune criticità che potrebbero rendere non agevole il processo di trasformazione da UCP semplice a UCP complessa e, al tempo stesso, impedirne una applicazione omogenea su tutto il territorio afferente. L’Azienda Sanitaria RMF ha un territorio vastissimo suddiviso in quattro Distretti con densità di popolazione, caratteristiche orogeografiche e di viabilità molto differenti tra loro.

Sebbene la Direzione abbia fornito alla Regione i dati relativi alla ricognizione delle possibili sedi (tra l’altro un numero esiguo e con necessità di interventi strutturali) da mettere a disposizione dei medici attualmente organizzati in UCPS, per ogni Distretto, il modulo di domanda che dovrebbe essere utilizzato per l’attuazione del DCA, non tiene conto della naturale elasticità e dell’auspicabile capacità di adattamento di tale progetto organizzativo alla configurazione del territorio.

Per essere più precisi, in alcuni Comuni o comprensori, l’accentramento di medici in un’unica struttura sarebbe scarsamente utilizzabile dall’utenza e ridurrebbe l’efficienza già mostrata dall’attuale assetto associativo.

In occasione dell’invio del report riepilogativo delle domande pervenute, che avverrà entro il 24 giugno, i Direttori di Distretto e la Direzione del Personale a Convenzione formuleranno alla Regione una serie di quesiti volti ad ottenere possibili deroghe ai rigidi principi contenuti nel DCA, in particolare:

a) Rispetto dello stato di “zona disagiata”, per i Comuni a cui la Regione ha già riconosciuto tale diritto, al fine di favorire una più capillare disponibilità di offerta assistenziale;

b) Possibilità di utilizzare sedi non aziendali, fornite anche dai Comuni in comodato d’uso, con il mantenimento delle indennità attualmente corrisposte ai medici in UCP;

c) Conservazione del volume di indennità, complessivamente riconosciuto in ogni distretto al momento della domanda, nel rispetto del criterio di trasformazione organizzativa ad isorisorse.

Ancora una volta, con onestà intellettuale, dobbiamo riconoscere che le vere trasformazioni della Medicina Territoriale non possono essere dettate esclusivamente dall’alto, per sussidiarietà verticale, ma dovrebbero prendere vita da un confronto trasversale tra realtà locali, centrali e periferiche, e dalla competenza spesso mostrata dai dirigenti aziendali a modellare i progetti proposti, rendendoli espressione del territorio e non di una semplice volontà politica. Con mia personale soddisfazione, la Direzione della ASL RMF ha inoltre espresso l’esigenza di veder valutato nelle sedi opportune, compreso il Comitato Regionale per la Medicina Generale, il ruolo dei Medici di Continuità Assistenziale nelle costituende UCP complesse.

Ermanno De Fazi

Delegato Smi-Lazio Area Convenzionata