Ssn dal passato fulgido al rischio catastrofe: tagli e risparmi obbligati minacciano l’equità

Print Friendly

La nascita di un completo sistema di welfare, negli anni ’70, ha contribuito in modo determinante a far entrare l’Italia nel 21° secolo come un Paese ai primi posti per sopravvivenza, nutrizione e protezione per il rischio della salute, e in posizione intermedia per sviluppo economico e capitale umano; un po’ peggio per il livello di disuguaglianze.

Questi decenni hanno visto problematiche e sfide affrontate e vinte che portano oggi il nostro Servizio sanitario nazionale, nonostante tutto, a essere ancora uno dei sistemi sanitari con i migliori risultati nel contesto europeo e internazionale.Le sfide che la Sanità pubblica ha dovuto affrontare e la maniera, efficace o no, con cui lo si è fatto, appaiono comuni all’”evoluzione sanitaria” di tutti i Paesi europei, ma con differenze relative ai tempi e alle scelte politiche intraprese, che hanno comportato sistemi e risultati disuguali.

La speranza di vita alla nascita è l’indicatore che più si è avvicinato sia al risultato massimo potenzialmente raggiungibile in questo periodo storico, sia al maggior livello di integrazione e uguaglianza nel Paese, in una misura più intensa di quanto non sia accaduto al miglioramento delle condizioni economiche e sociali di vita.

È verosimile che a questo lusinghiero risultato non siano estranei da un lato i progressi della medicina e dall’altro il ruolo dell’assistenza sanitaria pubblica che si iscrive tra le maggiori trasformazioni della capacità di protezione dalla vulnerabilità che sono state introdotte in Italia nel secondo dopoguerra. Purtroppo questo primato nei risultati di salute è minacciato da una tendenza a una nuova divergenza Nord-Sud che si osserva negli ultimi vent’anni, una tendenza che è parallela all’aumento delle disuguaglianze di reddito e di istruzione.

Il nostro Paese si caratterizza oggi come quello più eterogeneo in Europa con sacche di inefficacia, inefficienza, ingiustizia che in un federalismo mal disegnato e peggio gestito sono destinate ad aumentare, e che l’attuale disegno di revisione costituzionale non aiuta certo ad affrontare, nonostante le migliori intenzioni.

Nell’ultimo periodo, la problematica che emerge in maniera forte è la sostenibilità di un sistema sanitario pubblico, nato sulla base di bisogni di salute e di spinte ideali, ma senza una adeguata programmazione, organizzazione e gestione

Inoltre, una lettura più analitica delle differenze geografiche di salute a cui è approdato il Paese in questo primo decennio degli anni Duemila dimostra nuove e vecchie disuguaglianze dentro e tra le aree geografiche, disuguaglianze che si manifestano nelle opportunità di salute, negli stili di vita, nelle esposizioni ambientali, nell’uso delle cure e nelle specifiche malattie e disabilità che ne conseguono; queste disuguaglianze, nella misura in cui sono evitabili, suggeriscono una priorità spesso trascurata dall’agenda della programmazione sanitaria e della prevenzione, che considera la salute degli italiani come una media.

E questa è un’urgenza da affrontare, se si vogliono conciliare gli interessi individuali con quelli collettivi, in un’epoca di bisogni sanitari sempre più forti, ma da soddisfare con risorse sempre più scarse.
In un’epoca caratterizzata da stringenti vincoli di bilancio e da un contesto orientato a un contenimento della spesa sanitaria, la certezza che la riforma decentrante impatti sull’equità dell’accesso alle cure e, quindi, sulla salute dei cittadini è già vistosamente evidente. Su questa situazione già precaria rischia di incunearsi anche il quadro economico, per nulla roseo, in cui versa il Paese.

La spending review, infatti, rischia di far saltare il Servizio sanitario nazionale, determinando difficoltà nel breve e nel lungo termine, sia a causa di una riduzione dei servizi di salute offerti alla popolazione – specie a quella meno garantita e con minori disponibilità per curarsi ricorrendo al privato, sia a causa di un aumento della spesa sanitaria sul lungo periodo, aumento determinato dall’effetto boomerang della riduzione degli investimenti in politiche di prevenzione e diagnosi precoce. I risparmi obbligati di oggi rischiano di moltiplicare la spesa nel giro dei prossimi anni.

È per questo particolarmente importante che le scelte, a ogni livello, siano supportate da dati quantitativi, raccolti e analizzati in modo rigoroso, per diventare una indispensabile premessa che permetta di capire come si possa concretamente agire per costruire un sistema sanitario etico, equo e di valore su tutto il territorio nazionale.

Si tratta di una sfida da vincere a tutti i costi per poter rispondere, progressivamente, alle incalzanti domande di un futuro prossimo caratterizzato da un innalzamento dell’età media della popolazione, dal conseguente aumento delle patologie croniche invalidanti e, quindi, da una maggiore richiesta di servizi, a fronte però di risorse economiche e umane sempre più esigue. Per evitare una catastrofe sociale già all’orizzonte.

(A cura di Walter Ricciardi, direttore Osservatorio nazionale per la salute nelle Regioni italiane (Osservasalute) - Fonte: Il Sole24Ore Sanità)