Rinnovo delle Convenzioni: dallo Smi no a tavoli separati

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Il Sindacato dei Medici Italiani ha partecipato alla prima riunione con la Sisac per il rinnovo delle Convenzioni (Acn) della medicina del territorio e delle cure primarie, della specialistica ambulatoriale e della pediatria di libera scelta. Lo Smi era presente in tutte le aree: per la medicina generale con Maria Paola Volponi e Anna Rita Ecca, quindi nella delegazione di Fespa (la federazione della specialistica che raccoglie diverse sigle del settore) con Cosimo Trovato, e in quella di Smi-Unp con Silvia Petralli. Alla fine dell’incontro Maria Paola Volponi, responsabile nazionale dell’area, ha dichiarato: «Due i nodi da risolvere, prima di entrare nelle prossime settimane nel merito del documento presentato dalla Sisac: da un alto la necessità di risolvere il problema dei diritti sindacali, messi in discussione in diverse Asl a causa di un’errata interpretazione di un’ordinanza del Tribunale di Roma, dopo uno sciagurato, e sbagliato, ricorso presentato dalla Fimmg. Dall’altro il rifiuto di una logica autoreferenziale che porta la maggiore organizzazione del settore a chiedere tavoli separati di contrattazione. Un approccio esclusivo che stride con la gravità della situazione della sanità italiana e con la tanto proclamata necessità di fare integrazione e rete. Abbiamo bisogno ora di maggiore senso di responsabilità, della fine del collateralismo e di ricominciare a pensare in modo unitario per il bene dei medici e per una modernizzazione reale dei servizi per i cittadini». «Incomprensibile, poi, che si cerchi in questa sede anche di discutere del nodo dello stato giuridico dei professionisti del territorio – continua la dirigente Smi – argomento che si deve trattare in altri ambiti, partendo da quello squisitamente politico e parlamentare e, quindi, normativo. Rischiamo solo di perdere del tempo». «Ci rivedremo a maggio – conclude Volponi – già in quella occasione attendiamo dalla Sisac rassicurazioni e atti concreti sul diritto di fare sindacato per i medici di medicina generale. È una questione di democrazia». (Fonte: Panorama della Sanità)