Tra comma 566 e Jobs Act

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Da settimane leggiamo sui giornali di settore delle evoluzioni delle professioni sanitarie derivanti dal comma 566,  relative ai presunti corporativismi combattuti in nome di una necessaria modernizzazione, senza chiedersi cosa sia questa modernità tanto perseguita. Nessuno vi ha detto la verità. Il comma 566 è l’ennesima questione di costi. Pura e semplice questione economica. Se, infatti, tutto rimane nebuloso all’interno della questione delle competenze, l’unica cosa chiara del documento è che per lo Stato, come per qualunque datore di lavoro, tale aumento di competenze deve essere a costo zero. Quindi, infermieri ed altre professionisti della sanità, vedranno un aumento delle loro responsabilità e eventuali rischi, senza alcun aumento delle retribuzioni. Complimenti ai loro sindacalisti.

Il problema dei costi purtroppo non si risolve qui. L’accerchiamento, non solo dei medici, è appena cominciato. Come abbiamo accennato, la questione è puramente economica. Un esempio che non interessa personalmente i medici è il presunto “risparmio” che si sta innescando in Toscana e che, fino a prova contraria, attribuirebbe parte del lavoro degli infermieri agli Oss. Giustamente l’Ipasvi regionale è rimasto basito. E noi con loro. Siamo impazziti? Non basta, per usare le parole del governatore toscano: “Avere voglia di fare”. Ad ognuno il lavoro e le responsabilità per cui ha studiato. Allo Stato, ribadisco, delle competenze, non interessa nulla. Chiede solo di risparmiare.

Tornando al comma 566, cerchiamo di capire cosa succederà? Se parte del lavoro svolto precedentemente da un medico può essere svolto a parità di costo da un infermiere, il datore di lavoro privato o pubblico che sia, assumerà meno medici o licenzierà quelli che, semplicemente, non serviranno più. Se la questione dei licenziamenti per il pubblico è ancora difficile per le conseguenze che l’opinione pubblica, e quindi i voti, potrebbero avere nel vedere diminuita l’assistenza, nel privato in cui i lavori a Partita Iva sono la maggior parte, nonostante le leggi teoricamente lo impedirebbero, ci ritroveremo con delle collaborazioni semplicemente non rinnovate. Licenziamenti invisibili. Risparmi anche di 70.000-80.000 euro l’anno per reparto. Non pochi in un momento di crisi e di contrazione delle risorse.

Cosa c’entra il Jobs Act citato nel titolo? Semplice. Al momento di mettere nero su bianco queste righe per gli iscritti agli ordini professionali, sembra non valere la presunzione di subordinazione mascherata. Traducendo significa che: se la tua Partita Iva non è una vera collaborazione ma un lavoro integrato in reparto come un qualsiasi altro dipendente, non sarai comunque assunto. Voilà… la quadratura del cerchio!

Appena le nuove competenze saranno definite, i medici saranno espulsi dalle strutture e le paghe, già ora inferiori a quelle di un collaboratore domestico, saranno ulteriormente diminuite nell’attesa di un biglietto di sola andata per un qualsiasi altro paese europeo in cui non si ingannano cittadini e professionisti parlando di modernizzazione del sistema e di competenze quando, in realtà, si intende abbattimento dei costi. Il problema vero in questo Paese è l’illegalità. Sono gli abusivi, i falsi medici, i falsi odontoiatri, i falsi fisioterapisti (etc.) che, mentre le professioni sanitarie lottano in maniera fratricida tra loro, gongolano. (Fonte: Quotidiano SanitàClicca qui per leggere l’articolo)

*Dott. Davide Renzi

Vice-Coordinatore Nazionale SMI – “Formazione e Prospettive”